Diana Karenne

Personaggio poliedrico ed enigmatico, Diana Karenne, pseudonimo di Leukadia Konstantin, nasce nel 1888 a Danzica, nell’allora Prussia Occidentale, oggi Polonia. Si sa ancora poco della sua formazione e della sua vita prima dell’inizio della carriera in Italia, che avviene a Torino nel 1914 con una scrittura da generica presso la Roma Film, poi con una parte secondaria in Karval lo spione (Aquila Film, 1916), fino al ruolo di protagonista in Passione tzigana (Ernesto Maria Pasquali, 1916). Il sodalizio con Pasquali si rafforza e, nel corso dello stesso 1916, produce ulteriori quattro film: Quand l’amour refleurit, Sofia di Kravonia, grazie ai quali Diana, volto diafano, occhi magnetici, elegante figura longilinea e spiccate doti di interprete, si impone come diva emergente. In questa fase getta le basi per una carriera parallela di sceneggiatrice, regista e produttrice, di cui rimane difficile delineare una fisionomia completa perché, tra i film ad oggi conservati, non ci sono quelli da lei direttamente sceneggiati e diretti, come Lea, Justice de femme! (1917), Ave Maria (1920), La veggente, etc.., Tutti i suoi film, in ogni caso, condividono il tema della forte rivendicazione del ruolo femminile, declinato attraverso tematiche anticonformiste, spesso scabrose, e per questo frequentemente bersagliate dalla censura.

Nel 1917, insieme al fratello David, fonda la David-Karenne Film (poi semplicemente Karenne Film), con la quale realizza, dirige e interpreta in maniera indipendente diversi film, tra cui Pierrot, di cui disegna anche i materiali pubblicitari (pubblicati dalla rivista « In Penombra »).

La sua carriera  in Italia continua ininterrotta fino al 1922, attraverso collaborazioni con diverse case di produzione, come l’Ambrosio, con la quale realizza, tra gli altri, Il fiacre n. 13 e Les demi-vierges e con varie case romane, come la Tiber Film o la Tespi, diretta da registi di prim’ordine: Carmine Gallone, ad esempio, la dirige in Maria di Madgala (Redenzione) del 1919, Giulio Antamoro addirittura in quattro film consecutivi, La fiamma e la cenere (1919), Zoya (1920), Miss Dorothy (1920), Smarrita (1921), Domenico Gaido in Dante nella vita e nei tempi suoi (1922).

Il suo successo si propaga all’estero, in particolare in Germania e in Francia, dove viene richiesta per ruoli femminili forti e ambigui, come in Le Sens de la mort (1921) e L’Ombre du péché (1922), di Yakov Protazanov, Marie Antoinette, das Leben einer Königin (Rudolf Meinert, 1922), Die Frau von vierzig Jahren (Richard Oswald, 1925), Raspoutine (Martin Berger, 1928).
Torna in Italia nel 1929 per La vena d’oro di Gugliemo Zorzi, che rimane il suo ultimo film. Con l’avvento del sonoro, infatti, abbandona il cinema, con la sola eccezione di un’apparizione in Manon Lescaut (Carmine Gallone, 1939).

Ritiratasi a vivere con il marito tedesco ad Acquisgrana, in Germania, nel 1940 muore per le ferite riportate durante un bombardamento di guerra.

 

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