Maria Antonietta Bartoli Avveduti nasce a Vasto, in provincia di Chieti, il 5 settembre 1901, da una famiglia della borghesia locale, figlia dell’amministratore del duca Quarto di Belgioioso. Intraprende studi classici, ma li abbandona presto per difficoltà familiari. Tenta allora la carriera teatrale a Santa Cecilia, a Roma, dove frequenta i corsi di Virginia Marini, interpretando vari ruoli, tra cui Elisabetta ne La cena delle beffe e Raffaella in Patria di Sardou.
Nel 1917 viene segnalata al regista Guazzoni, ed esordisce nel cinema, giovanissima, protagonista di Fabiola (1918), e subito dopo nel personaggio di Erminia ne La Gerusalemme liberata (1918). Dopo queste esperienze, le scritture si susseguono ininterrottamente per un decennio, durante il quale interpreta una quarantina di film, con diverse case di produzione, dalla Cines alla Tiber Film, alla Fert. Nel 1922 ha un ruolo di spicco, anche di produttrice, con la Sangro Film, in Non c’è resurrezione senza morte, film patriottico realizzato grazie al Comitato pro-Montenegro presieduto da Gabriele D’Annunzio, basato sulle memorie del patriota montenegrino Vladimir Popovic. Nel 1924 è Poppea nel kolossal Quo vadis? di Georg Jacoby e Gabriellino D’Annunzio, poi interpreta i tre film della serie Maciste, diretti da Guido Brignone: Maciste imperatore (1924), Maciste all’inferno (1925) e Maciste nella gabbia dei leoni (1926). Nel 1927 è la protagonista di Addio Giovinezza di Augusto Genina, nel 1928 è in Boccaccesca di Alfredo De Antoni. Nel 1928 interpreta il suo ultimo film muto, Villa Falconieri di Richard Oswald, una produzione italo-tedesca.
D’Annunzio è un suo ammiratore e lei ne diventa musa e amante, con il nomignolo di “Ornella” ed è probabile che anche lo pseudonimo di Elena Sangro sia un conio del poeta. Il primo incontro avviene a Roma nel 1919, ma la relazione divampa nel 1927, quando, in occasione di un soggiorno di Elena al Vittoriale, il poeta compone il poemetto erotico Carmen Votivum, dedicandolo “Alla piacente”. Quest’opera, che avrebbe dovuto rimanere confidenziale, viene invece diffusa da D’Annunzio, provocando la reazione indignata dell’attrice e la rottura della relazione.
L’avvento del sonoro segna una cesura nella carriera dell’attrice, che cambia il nome in Lilia Flores, si ritira dal cinema e passa ad esibirsi come soprano in concerti e in trasmissioni radio. Sporadicamente continua a interpretare piccoli ruoli in film come Il re burlone (E. Guazzoni, 1936), L’abito nero da sposa (L. Zampa, 1945) ed Enrico Caruso. Leggenda di una voce (G. Gentilomo, 1951), fino a un cameo in 8 e 1/2 di Federico Fellini, il quale, in varie interviste, la ricorda in Maciste all’inferno, uno dei primi film visti da bambino.
Nell’immediato dopoguerra fonda una propria casa di produzione, la Stella d’Oro Film: tra il 1947 e il 1950, con lo pseudonimo maschile di Anton Bià, produce e dirige diversi documentari d’arte, tra cui Sogno d’amore (1947), Villa Adriana (1948) e Le Madonne di Raffaello (1950). In questa fase torna ad essere suo compagno di lavoro l’anziano Enrico Guazzoni (morirà nel 1949), per la cui regia la Stella d’Oro Film produce il documentario Villa d’Este (1947), il primo film interpretato da Gina Lollobrigida.
Nei primi anni ’60 alcune testimonianze la ricordano attiva nell’Associazione dei Pionieri del Cinema, di cui per un periodo è anche presidente.
Muore a Roma l’8 dicembre 1973.
“Riviste e Monografie”: I grandi artisti del cinema: Elena Sangro