Regia: Amleto Palermi; produzione: Films A. Palermi per la CCDDIIAA (Consorzio Cinematografico Direttori Italiani Associati), Roma; anno: 1923; visto censura: n. 18654, 31-7-1923; lunghezza originale: 2404 m; distribuzione: SAIC; prima visione romana: 16-04-1924; soggetto e sceneggiatura: Amleto Palermi; fotografia: Vito Armenise; interpreti e personaggi: Giovanni Grasso (Paolo), Livio Pavanelli (Samuel), Diomira Jacobini (Mariella), Giorgio Fini (Tamany), Bella Starace Sainati (“a Cionca” e Santa Lucia), Lido Manetti, Renzo Fabiani (il quarto scapolo), Franco Piersanti, Mariano Bottino, Gennaro De Crescenzo.
Il film
Paolo, disoccupato e senza soldi, vaga disperato per le strade di Napoli, fino alla decisione di suicidarsi gettandosi in mare. Viene salvato da un giovane americano, che poco prima lui stesso aveva insultato. Paolo riconosce, nel padre del suo salvatore, un vecchio compagno di lavoro, che era andato all’estero e aveva fatto fortuna. L’uomo invita quindi Paolo in casa propria e costui vi si trasferisce stabilmente, vivendo a spese dell’ospite e adoperandosi, tra l’altro, per combinare il matrimonio del figlio dell’amico con una cantastorie ambulante, che riesce a salvare dallo sfruttamento della malavita locale. E anche dopo le nozze dei due giovani, Paolo continua a vivere a spese dell’amico.
«La casa degli scapoli (“Films A. Palermi”- Direttori Associati), con Diomira Jacobini, Bella Starace Sainati, Comm. Giovanni Grasso, Cav. Livio Pavanelli, Giorgio Fini e Enzo Fabiani. Da una simile costellazione di astri… cinematografici, sotto la sicura mano di A. Palermi, non poteva non sortire che un gioiello di semplicità e purezza, malgrado qualche pecca, che sfugge alla massa entusiasta, ma tuttavia visibile. La messa in scena è sobria ed elegantissima, quantunque – con salubre criterio finanziario – sia stata esibita con parsimonia. Gli esterni sono addirittura pittorici: ve n’è qualcuno assolutamente meraviglioso, qualche altro indovinatissimo e di effetto. La recitazione è ottima». […] Oh! via, quella non è recitazione, assolutamente no! È vita, si vive! E Grasso – figlio di questa meravigliosa Sicilia –, ce la fa vivere. Sono i nonnulla che fanno la sua sentita arte. E dopo Lui, Diomira Jacobini, una Mariella semplice, corretta, efficace, dinamica, emotiva. Il Cav. Pavanelli se la cava abbastanza bene, come sempre. Lascia alquanto a desiderare Giorgio Fini. La sua macchietta non ha nulla di americano, nulla di caratteristico, nulla di efficace. […] Concludendo: trama dinamica, emotiva: interpretazione buona in taluni punti e per qualche singolo ottima. Fotografia buona, talvolta ottima; didascalie corrette, ma scadenti le vignette che le accompagnano. È un film di gran successo».
D’Orazio, «La Vita Cinematografica», Torino, anno IV, n. 20, 25 ottobre 1923, pp. 84-85, corrispondenza da Messina datata settembre 1923, proiezioni del Cinema Reale Estivo.
«Di mano in mano che i lavori – i quali nelle intenzioni dovrebbero trarre la nostra industria cinematografica dalla ben nota crisi – ci vengono presentati, la nostra delusione, il nostro disappunto aumentano continuamente. […] La casa degli scapoli è uno spettacolo asfissiante. Vien fatto di domandarsi come gli autori abbiano potuto credere di divertire qualcuno con simili vetuste panzane. Ma quel che è peggio è anche uno di quei lavori che sembrano fatti apposta per diffamare l’Italia all’estero. L’ambiente dove si svolge è quello della malavita napoletana, la cui fama avrebbe assai più bisogno di essere restituita alle sue reali proporzioni, piuttosto che venir gonfiata con una retorica ed un manierismo di pessima lega».
Edgardo Rebizzi, «L’Ambrosiano», Milano, 27 febbraio 1925.