Dopo la presa del potere, all’indomani della marcia su Roma, il nascente regime fascista si limita inizialmente a proseguire l’azione di controllo censorio sui film già impostata dalla precedente legislazione. Anche se già dalla fine del 1922 si registrano i primi film esplicitamente propagandistici (si vedano per esempio A noi!, lungometraggio documentario di Umberto Paradisi, realizzato ad appena dieci giorni dalla marcia su Roma, a Il grido dell’aquila, prodotto dall’Istituto Fascista nel 1923, primo esempio di film filo-fascista di finzione), il regime non esercita particolari pressioni sui produttori per la realizzazione di film di propaganda. I rappresentanti del settore cinematografico moltiplicano, soprattutto dalla metà degli anni Venti, i loro appelli al governo per un intervento di sostegno da parte del governo, soprattutto tramite sgravi fiscali. Il primo intervento significativo dello Stato in materia risale alla legge del 18 giugno 1931, che introduce la possibilità di fornire crediti ai produttori e istituisce premi in denaro calcolati sugli incassi.
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